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Tristemente nota è la vicenda di Francesco Mastrogiovanni, un maestro elementare campano, piuttosto alto di statura, che veniva per questo chiamato dai suoi alunni “il maestro più alto del mondo”.

Mastrogiovanni viene ricoverato a fine luglio 2009 in regime di trattamento sanitario obbligatorio (TSO) motivato da «agitazione psicomotoria, alterazione comportamentale ed eteroaggressività».Da quanto ricostruito e documentato, il comportamento alterato e aggressivo consisteva nel guidare la sua Panda ad alta velocità, fuggire all’inseguimento dei vigili, cantare canzoni sovversive e gettarsi in mare per non farsi prendere dall’importante spiegamento di forze dell’Ordine che si era venuto a creare. Era una persona strana il maestro Mastrogiovanni, aveva qualche pregresso di disagio psichico, ma certamente non era mai stata una persona pericolosa.

«Non portatemi a Vallo [della Lucania], perché lì mi ammazzano», diceva al personale sanitario che l’aveva accolto in ambulanza, mentre vi saliva tranquillamente e spontaneamente dopo essersi fatto una doccia nello stabilimento balneare attiguo.

Ricoverato presso il reparto di Psichiatria dell’Ospedale San Luca di Vallo della Lucania, viene prima sedato farmacologicamente (contenzione farmacologica) e successivamente anche meccanicamente attraverso «fascette dotate di viti di fissaggio applicate ai quattro arti e fissate alle sbarre del letto».

La contenzione viene effettuata adducendo motivazioni decisamente anomale: si necessitava di un campione di urine per «eseguire i prelievi richiesti dai carabinieri di Pollica finalizzati alla applicazione della sanzione amministrativa costituita dalla sospensione della patente».

La contenzione non viene mai prescritta né annotata in cartella clinica, in quanto, viene dichiarato in Aula, la documentazione dell’atto era superflua, stante la presenza del sistema di videosorveglianza.

Ai familiari è stata negata, con immotivata arroganza, la possibilità di vederlo mentre era degente.

Mastrogiovanni muore dopo 87 ore continuative di contenzione fisica e farmacologica, in una stanza arroventata dalla calura estiva, senza essere alimentato e idratato, anzi, il comodino con la bottiglia dell’acqua gli viene allontanato in modo da non permettergli di rovesciarlo. Il tutto sotto gli occhi impietosi delle telecamere della videosorveglianza del reparto, e nell’assoluta cecità professionale e umana del personale ivi operante.

Pratica Medica & Aspetti Legali 2019; 13(1): 9-14

https://doi.org/10.7175/pmeal.v13i1.1396